In Arabia Saudita le donne rilanciano la campagna per conquistare il diritto di guidare

Manal Sharif, giovane donna saudita, un anno fa è stata arrestata perché guidava nonostante il divieto alle donne. Da quel giorno la battaglia non si è fermata e  nonostante le intimidazioni dei conservatori e la pressione sociale, le saudite si ritrovano oggi alla guida delle loro auto nella prima protesta ufficiale dopo quella che, nel 1991, segnò l’inizio della ventennale campagna che chiede l’abolizione del divieto alle donne del regno di guidare.  Il 17 giugno del 2011  3mila persone firmarono una petizione al re perché intervenisse e oltre 24 mila solidarizzarono con Manah, donna simbolo, su facebook. Nel corso dei mesi arresti e rilasci di donne sorprese alla guida si sono susseguiti, ma il sogno di libertà e soprattutto il coraggio e la determinazione oggi porta ad una nuova iniziativa. In prima linea sempre lei Manal Sharif, che con la presentazione di una petizione al re Abdullah Bin Abdul Aziz, intende chiedere al sovrano di appoggiare la campagna “Guiderò la mia auto”, sottolineando che questo diritto è riconosciuto alle donne “da tutte le religioni e dalle leggi nazionali e internazionali”, ma è negato loro solo in base “a costumi e tradizioni che non derivano da Dio”. Nel documento si chiede come primo passo che venga riconosciuto il diritto di guidare alle donne che hanno ottenuto la patente in Paesi vicini e che vengano poi aperte “scuole guida per donne” nella stessa Arabia Saudita. L’Arabia Saudita è  l’unico Paese al mondo a imporre alle donne il divieto di guida. Si tratta quindi di un’iniziativa importante per un Paese etichettato da tempo come il più conservatore al mondo dove alle donne non solo è vietato guidare, ma anche viaggiare, prendere decisioni, sottoporsi a cure mediche, denunciare abusi domestici, ogni azione è sottoposta all’autorità di un guardiano maschio, padre, fratello o marito che sia.

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