Ma quale crisi!!
Da quanto tempo sentiamo dire che c’è crisi nel mondo dell’auto?? Tanto, forse troppo tempo. Forse però non ci rendiamo conto che si tratta di una crisi che colpisce solo una parte del mondo automotive. Infatti se analizziamo i dati di vendita, la marginalità ed il classico incontro/scontro tra domanda ed offerta ci accorgiamo però di come la crisi sia relativa solo ad una parte del mercato automobilistico ossia quella basata sulla quantità. Ma c’è una parte del mercato, quella qualitativa, che smuove molti più soldi e non è affatto in crisi. Ora mi limiterò a qualche esempio veritiero.
Cominciamo dal basso, ossia considerando la spesa minore sostenuta da un cliente che ci dimostra che in questo tipo di mercato la parola crisi non esiste. Un uomo d’affari filippino desiderava acquistare la nuova “LaFerrari”, hypercar di Maranello presentata qualche mese fa al Salone di Ginevra. Come sappiamo, di questa Formula 1 da strada ne verranno prodotti solo 499 esemplari al prezzo stratosferico di 1,2 milioni di euro. Non solo il prezzo è da capogiro, ma “LaFerrari” potrà essere acquistata solo da clienti speciali ed affezionati della casa del cavallino: per poter entrare nella lista di attesa infatti bisognerà dimostrare di avere nel garage almeno cinque Ferrari, sennò addio sogni di gloria. Ma questo non sarà sufficiente ad assicurare ai facoltosi clienti la compravendita de “LaFerrari”: infatti allo stato attuale la casa di Maranello ha ricevuto più del doppio delle richieste per il suo esclusivo bolide e quindi deve ancora scegliere a chi poterlo vendere. L’uomo filippino di cui parlavamo prima, al momento di mettersi in fila per “LaFerrari”, ne aveva “solo” quattro di Ferrari e per cercare di poter coronare il suo sogno non ha esitato a staccare un assegno di circa 560.000 euro (il doppio rispetto al suo prezzo di listino!) per portarsi a casa una nuovissima F12 con l’intento di poter così accedere almeno alla lista dei papabili compratori della nuovissima “LaFerrari”.
Ma c’è anche chi è disposto a spendere di più per realizzare il suo sogno a quattro ruote. Nello scorso mese di maggio l’Aston Martin per festeggiare i suoi primi 100 anni di vita ha presentato la CC100 Speedster: come si evince dal nome la vettura è una barchetta biposto dalle linee avveniristiche che aveva il compito di rappresentare in un unico modello la storia, la tradizione sportiva, la capacità progettuale e tutto il know how ingegneristico del marchio di Gaydon. Della CC100 inizialmente fu prodotto un solo esemplare che poi sarebbe dovuto essere conservato nel museo di casa a Gaydon: tuttavia fu ben presto venduto per la gioia di un appassionato e facoltoso collezionista pronto a sborsare circa 700.000 euro. Ma non è finita qui: all’Aston Martin è arrivata la richiesta di un altrettanto facoltoso collezionista ed amante delle vetture dal marchio alato che non ha esitato a spendere 700.000 euro più le tasse e gli oneri legati all’omologazione stradale della seconda CC100 Speedster, che in quanto “dream car” non era omologata per l’utilizzo su strade aperte al pubblico. Dopo questa seconda richiesta la Aston Martin ha comunicato che non produrrà più alcuna CC100 Speedster.
Alla luce di questi esempi credereste mai che un cliente (o sarebbe più opportuno parlare di collezionista?) ha comprato una Mercedes per circa 23 milioni di euro? Si, avete letto bene: per la precisione il cliente/collezionista ha speso 22.701.864 euro per mettersi nel garage la storica Mercedes W196 del 1954 guidata niente di meno che da Juan Manuel Fangio nel mondiale di Formula 1 di quell’anno. Si tratta di una vettura completamente originale, mai restaurata e con un palmares di due gran premi vinti. La cifra di 23 milioni di euro fa particolare sensazione anche perché corrisponde a quasi il doppio della stima iniziale di vendita, ma si sa che in questi ambiti i collezionisti fanno letteralmente a gara per entrare in possesso dei loro sogni a quattro ruote e questo non fa altro che dimostrare che in questa fascia di mercato del collezionismo di altissimo livello della parola crisi non c’è traccia.
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